Nella fotografia di Salice Castilenti, Appignano si presenta come un gioiello incastonato tra le colline verdi dell’entroterra teramano, in quel tratto d’Abruzzo che conserva intatta la memoria del Medioevo rurale. Il borgo, frazione di Castiglione Messer Raimondo, appare raccolto, silenzioso, eppure vivo: un piccolo nucleo di pietra e storia che domina discreto il paesaggio circostante.
Le abitazioni, costruite in pietra locale, si arrampicano lungo il pendio con armonia, come se fossero nate dalla terra stessa. I tetti in coppi rossi disegnano un mosaico irregolare ma coerente, mentre i vicoli stretti e le scalinate in ciottoli conducono a scorci inattesi, dove la luce scolpisce i muri e il tempo sembra essersi fermato.
Sul fondo, le montagne del Gran Sasso si stagliano come guardiani silenziosi, mentre il vento porta con sé il profumo di erbe selvatiche e campi coltivati. Il borgo, seppur piccolo, custodisce una dignità fiera, fatta di tradizioni contadine, devozione religiosa e architetture semplici ma ricche di significato.
La fotografia cattura non solo l’aspetto fisico di Appignano, ma anche la sua anima: quella di un luogo che resiste, che accoglie, che racconta. Ogni pietra, ogni angolo, ogni ombra suggerisce una storia, un ricordo, una preghiera. È l’Abruzzo autentico, quello che non si lascia sedurre dalla modernità frenetica, ma che si offre con la sobrietà di chi ha molto da dire, senza bisogno di alzare la voce.
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