Gli origiali sono infilzati uno ad uno a mano su spiedini sottili, cotti rigorosamente alla brace su una “canalina” ardente e serviti caldi, fumanti, con un bicchiere di Montepulciano d’Abruzzo: gli arrosticini sono molto più di un semplice spiedino di carne. Sono un rituale conviviale, un simbolo gastronomico identitario e una bandiera della cucina rustica e sincera dell’Abruzzo pastorale.
Originari della zona montana del Gran Sasso e della Valle del Voltigno, gli arrosticini nascono come piatto povero dei pastori. La carne, in origine rigorosamente di pecora adulta, veniva tagliata in piccoli cubetti e infilzata su stecchi di legno. Cotta rapidamente su una brace viva, sprigionava un aroma intenso e inconfondibile, risultato della combinazione tra il grasso ovino e il calore del fuoco diretto.
Oggi gli arrosticini si dividono principalmente in due categorie: quelli “fatti a mano”, più irregolari e saporiti, e quelli industriali, più omogenei e sempre preparati con carne di pecora. Ma i veri intenditori non hanno dubbi: il gusto autentico si trova negli arrosticini artigianali, tagliati a coltello e cucinati con sapienza.
Gli arrosticini e la sacralità della fornacella
La brace, in questo contesto, è sacra. La fornacella, detto anche canalina, è uno strumento lungo e stretto pensato proprio per contenere le braci in modo da garantire una cottura uniforme. L’arrosticino va girato con frequenza e consumato bollente, senza fronzoli. Niente salse o intingoli: solo un pizzico di sale e, al massimo, pane casereccio unto con olio extravergine d’oliva e peperoncino.
Vino e arrosticini, un connubio perfetto
Ad accompagnare il tutto, i vini del territorio abruzzese giocano un ruolo da protagonisti. Il Montepulciano d’Abruzzo è il compagno ideale: corposo, tannico, capace di reggere il confronto con la grassezza della carne ovina e di esaltarne le note rustiche.
Gli arrosticini non sono solo cibo: sono una dichiarazione d’identità. Ogni festa di paese, ogni sagra di montagna, ogni ritrovo tra amici ha il suo fuoco acceso e la sua griglia carica. A Pescara, a Chieti, sulle alture di Castelli o tra le strade di Civitella Casanova, non c’è momento di festa senza una porzione di arrosticini a passare di mano in mano.
Uno sguardo al futuro
Anche la ristorazione contemporanea se ne è accorta. Molti locali, anche fuori regione, propongono versioni gourmet, con varianti che spaziano dal capretto al maiale nero, fino a rivisitazioni vegane. Ma per chi vuole capire davvero di cosa si parla, l’unica strada è sedersi su una panca di legno, accanto a una brace scoppiettante, con il profumo di carne che sale e il vento fresco d’Appennino a spettinare i pensieri. Perché l’arrosticino, più che mangiato, va vissuto.
Discussion about this post