Campomarino, gioiello affacciato sull’Adriatico molisano, non è solo una meta balneare, ma un esempio vivente di armonia culturale. In questo borgo incastonato tra mare e collina, la tradizione autoctona si fonde con l’identità arbëreshe, creando un mosaico umano e culturale che affascina e coinvolge.
Ce lo racconta con entusiasmo la nostra lettrice Marcella Di Girolamo, che descrive Campomarino come “una stupenda località che ha saputo creare unione fra il popolo autoctono e quello arbëreshe”. Una sintesi rara, che si percepisce passeggiando tra le vie strette del centro storico, dove ogni angolo è una pagina di storia dipinta.
Protagonista indiscussa di questa narrazione visiva è la pittrice Liliana Corfiati, le cui opere murali colorano il borgo con scene di vita quotidiana, antichi mestieri, simboli religiosi e scorci di un passato che continua a vivere nei gesti di ogni giorno. I murales di Corfiati sono molto più che semplici decorazioni: sono finestre aperte sulla memoria collettiva, specchi identitari e, allo stesso tempo, potenti attrattori turistici.
L’ultimo murales, inaugurato di recente, raffigura una delle tradizioni più curiose e sentite del paese: il Palio delle Oche. In una piazza addobbata di bandiere e gremita di persone, prende vita la scena festosa con San Vincenzo, il patrono, a fare da figura centrale. Un’opera che trasmette gioia, comunità, e un pizzico di ironia molisana, immortalando un momento che unisce sacro e profano, competizione e devozione.
Campomarino diventa così un museo a cielo aperto, un luogo dove le differenze culturali non si annullano ma si valorizzano a vicenda, trovando nell’arte un linguaggio comune e inclusivo. Un esempio da seguire, una storia da vivere, un borgo da amare.
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