I cappelletti – o caplèt in dialetto romagnolo – rappresentano l’essenza della pasta fresca ripiena nel cuore dell’Emilia-Romagna. Diverse dalle loro celebri sorelle bolognesi, i tortellini, queste piccole “cappellette” portano con sé la storia e la tradizione delle festività di casa.
Origini e storia
Le prime tracce dei cappelletti risalgono al XIII secolo, con citazioni in scritti medievali emiliani. La tradizione si rafforza nei secoli successivi, tra le corti ferraresi e la cultura contadina della Romagna. Il nome “cappelletti” deriva proprio dal loro aspetto, simile a un piccolo cappello o berretto con ampio “cupolone” .
Forma, dimensioni e piegatura dei Cappelletti
Diversi dai tortellini – più piccoli, prensili attorno al dito e con cavità centrale – i cappelletti sono più grandi, con pasta più spessa e chiusura tondeggiante che ricorda un cappello pieno. A Ravenna, si dice che un cappelletto debba sembrare una galòzza: “cùpule un bel pòris”.
Ripieno: carne, formaggi e spezie
Il ripieno è terreno di infinite varianti:
- Romagna: mix di Parmigiano Reggiano, ricotta o squacquerone (talvolta raviggiolo)
- Emilia interna: miscele di carni suine e bovine, prosciutto, vitello, mortadella e formaggio
Un tocco di noce moscata impreziosisce i profumi, mentre ogni “razdôra” custodisce il suo segreto
Brodo di cappone: l’abbraccio caldo della tradizione
Il classico abbinamento è con un brodo ricco e limpido di cappone (o gallina) e manzo, cotto lentamente per 2–3 ore per ottenere un sapore pieno e delicato. Il brodo “ride” quando sobbolle dolcemente, senza schiuma o grasso eccessivo .
Cappelletti, varianti e servizio: brodo o asciutti?
Sebbene tradizionalmente serviti in brodo, esistono versioni asciutte con ragù, burro e salvia, talvolta anche al tartufo.
Nel Parmense, i cappelletti/caplèt possono assomigliare agli anolini, pur mantenendo una forma e ripieno propri.
Un simbolo di festa e famiglia
Nel territorio emiliano-romagnolo, preparare i cappelletti è un rito di convivialità: una donna saggia (la razdôra) guida bambini e nipoti nella stesura della sfoglia, nel taglio dei quadrati, e nella chiusura uno a uno di questi piccoli cappelli, pronti a raccontare affetto e appartenenza .
I cappelletti emiliani incarnano la ricchezza del territorio: materie prime eccelse come il Parmigiano Reggiano, la carne, il cappone, la sapienza artigianale e la convivialità di una regione che ama il buon cibo. In brodo, asciutti o rivisitati, rimangono uno dei simboli più autentici e riconoscibili della gastronomia emiliana.
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