Ogni primo maggio, il piccolo borgo abruzzese di Cocullo si trasforma in un luogo sospeso tra sacro e ancestrale, grazie al Rito dei Serpari, una celebrazione in onore di San Domenico, il santo protettore contro i morsi dei serpenti e il male fisico.
La foto che accompagna questo articolo cattura uno dei momenti più suggestivi del rito: un serpente si avvolge lentamente attorno alle mani di un bambino. Non c’è paura nel suo sguardo, ma rispetto e una sorta di naturalezza che solo una tradizione millenaria può tramandare. In quel gesto si fondono la devozione popolare, il mistero del serpente – simbolo di guarigione e trasformazione – e la forza della fede che, fin da piccoli, viene tramandata con orgoglio.



Durante la processione, la statua di San Domenico viene adornata di serpenti vivi catturati dai “serpari”, esperti manipolatori locali. Il passaggio della statua tra le vie affollate rappresenta una sorta di benedizione collettiva, un rito propiziatorio che affonda le sue radici nei culti pagani e che il cristianesimo ha saputo integrare, rendendolo unico al mondo.
Quel bambino, con le mani avvolte dal serpente, incarna il futuro della tradizione: una generazione che, pur nell’era digitale, continua a stringere il filo invisibile che lega l’uomo alla natura, alla fede e alla propria comunità. Foto di Antonella Di Marcantonio
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